Il teatro emozionale di Miriana Ronchetti

Carmen Piccirillo di Carmen Piccirillo Mag1,2024

Miriana Ronchetti è attrice, animatrice sociale, autrice teatrale e di saggi sul modo di fare teatro. Cura la presentazione di cataloghi per artisti: pittori e scrittori. Insegna recitazione, ‘teatro è terapia’, educazione della voce, comunicazione, e sceneggiatura teatrale. Da sempre, collabora e lavora per la diffusione di un teatro poetico, con Matteo Gazzolo, Mario Cei, e Alessandro Quasimodo, figlio di Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la Letteratura Italiana. Organizza oculatamente spettacoli teatrali, e recital poetici, in lingua italiana e inglese, oltre che mostre d’arte. È particolarmente attenta ai settori di fragilità dell’essere umano.
Inoltre, è iscritta alla SIAE dall’anno 1980, con novantadue commedie, tutte rappresentate. Collabora, sul territorio nazionale e regionale, con svariati teatri in qualità di scrittrice di testi teatrali per ragazzi e adulti (teatro Eliseo; teatro Cilea; teatro Filodrammatici di Cremona e Treviglio; teatri collegati a istituti di cultura a Vienna, Zurigo e San Paolo del Brasile). Ha collaborato, per molti anni, con l’impresa teatrale Dadaumpa, di Bologna. Continua è la sua collaborazione con scuole di ogni ordine e grado, associazioni, comuni, sistemi bibliotecari, Pro Loco, teatri comunali, istituti di cultura all’estero (Vienna, Budapest, San Paolo del Brasile, Bruxelles) per far conoscere, ad ampio spettro, la propria lunga esperienza, il proprio pensiero.
Di recente, ha pubblicato un libro che ha riscosso un gran successo, intitolato “Cinque minuti sotto la luna”, incentrato sulla tenerezza, sull’amore e sulla cura, che cambiano la percezione delle cose. Parole che fanno riflettere profondamente sull’importanza dell’amore in questo mondo.

MIRIANA RONCHETTI

Cos’è per lei il teatro, e in che modo esso proietta all’esterno le svariate emozioni dell’essere umano?

“Nei miei corsi di recitazione, quando parlo con i miei allievi, il teatro lo paragono sempre all’autenticità. Essere sé stessi, con tutto ciò che ne consegue, anche rischiando di apparire antipatici, è qualcosa di straordinario. Quando conosciamo una persona, tutti vorremmo apparire belli, simpatici, opulenti di prerogative vincenti, ma la realtà è un’altra. Ogni essere umano è luce, ma anche oscurità. Fare teatro, per me, significa imparare a stare nel mondo, mostrando la verità. L’uomo sta nel mondo, come l’attore sta sul palcoscenico. Il tutto senza filtri. Nel teatro è tutto stabilito: vi è un copione da seguire, ma l’emozione è sempre autentica, si correla ai differenti momenti. Il teatro, dunque, è un modo per cercare di proiettare la propria unicità, senza remore”.

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Nell’anno 1992, ha costituito la Compagnia Teatro Arte Orizzonti Inclinati, della quale è stata organizzatrice e direttore artistico, nella produzione di spettacoli per bambini e adulti nella lingua italiana e inglese. Quanto è grande la soddisfazione per l’ideazione e la crescita di questo progetto, e quali sono stati, ad oggi, i feedback ricevuti?

“Nel 2012, la società è stata chiusa: era divenuta molto grande, dal punto di vista economico è stato difficoltoso reggerla. In compenso, però, nell’anno 2000, avevo aperto un’associazione, ancora attiva. L’anima del progetto rimane la stessa. La mia soddisfazione è immensa, sono estremamente riconoscente al teatro: mi ha salvato la vita. Da ragazzina, non ho mai pensato di fare del teatro il mio lavoro. Io ho studiato chimica; mi sono iscritta, poi, all’università, e ho abbandonato gli studi. Successivamente mi sono sposata, ho avuto una figlia. In quel frangente, per poter accudire mia figlia Ilaria, non ho lavorato, ma ho lavorato su me stessa: ho iniziato a scrivere storie, spettacoli, che facevo a casa. Ho cominciato a lavorare senza sosta, e, ad oggi, i risultati sono ben visibili.
Organizziamo rassegne di teatro poetico in lingua inglese, ne sono molto fiera sin dal principio: lavoro molto con il comune di Como, con la regione Lombardia, e con tante altre realtà. Amo collaborare soprattutto con le persone affini a me a livello di pensiero”.

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Ha dichiarato che ama lavorare “fuori dagli schemi” per permettere alle persone di conoscere meglio la propria capacità comunicativa ed espressiva. Essere divergenti può davvero curare l’anima?

“Si, ritengo che essere divergenti possa curare l’anima. Io non mi sono mai ‘adattata’, e neanche arresa, ai percorsi ‘obbligati’ dove vi sono dei modelli da seguire. Nell’arte, nel teatro, io non voglio far parte di un determinato gruppo. Io amo la verità, preferisco essere me stessa, con la consapevolezza di non poter piacere a tutti”.

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Da tempo, collabora con il poeta, attore e regista teatrale Alessandro Quasimodo. Ha scritto, inoltre, la presentazione all’interno di un libro a lui dedicato, intitolato “Alessandro Quasimodo, biografia per immagini”. Cosa rappresenta, per lei, soprattutto a livello emozionale, questa proficua collaborazione?

“Alessandro, per me, è un grande amico, un fratello. Vi è un rapporto di amicizia molto forte. Molte volte abbiamo collaborato a vari progetti, abbiamo trascorso molto tempo insieme, abbiamo condiviso momenti dolorosi. Ricordo che, quando è morta mia madre, lui era appena uscito da un ospedale, e aveva firmato per poter essere dimesso: ci teneva ad essere presente al funerale per poter leggere “Mater dulcissima”, in chiesa. È stato un gesto straordinario, non posso dimenticarlo. Di tanto in tanto, abbiamo anche qualche diverbio perché entrambi siamo veri, diciamo ciò che pensiamo: questo rende la nostra amicizia davvero unica, indissolubile”.

“Il teatro è un farmaco capace di sgombrare la mente da tanta zavorra accumulata, capace però di farci
ritrovare quella verità fondamentale, anche se spesso trascurata, che solo i bimbi sanno per istinto:
stiamo giocando! E Miriana lo sa trasmettere con passione e professionalità. Sopra ogni altra cosa, lo sa insegnare”. Questa una frase di Alessandro Quasimodo, inserita all’interno di una presentazione a lei dedicata. Come si è sentita quando ha letto queste parole?

“Mi sono sentita compresa. In quel momento, ho percepito che Alessandro ha capito tutto di me. Un’emozione bellissima. Essere compresi è qualcosa di meraviglioso”.

Tra le tante opere teatrali che ha curato, quale ricorda con maggiore intensità emozionale?

“Ricordo con grande emozione una storia che ho scritto per mia madre, denominata “1945- Vendesi illusione”. Mia madre era siciliana. Io sono nata a Como. È una storia nella quale ho ‘centrifugato’ tante cose che lei mi ha sempre detto, relativamente alla vita. Una di queste, era una frase molto semplice: “La vita dobbiamo prenderla di petto, altrimenti ci divora”. “1945- Vendesi illusione” l’ho scritta quando lei era ancora in vita, nel 1996. Ha avuto l’alzheimer, e, quando è venuta a mancare, ho scritto una poesia, a lei dedicata, intitolata “Come farfalle”, per sensibilizzare le persone verso questa delicata tematica”.

Qual è il suo concetto di bellezza?

“Il mio concetto di bellezza è legato allo stupore. Riuscire a stupirsi delle piccole cose, trasmettere la propria interiorità, essere sé stessi: tutto questo è bellezza. Quando mi sveglio, al mattino, e guardo gli alberi, la natura, mi meraviglio, mi identifico con essa, e mi sento bene”.

Progetti per il futuro?

“Vorrei terminare l’università, due anni fa mi sono iscritta alla facoltà di psicologia.
Vorrei fare, inoltre, un’altra sceneggiatura cinematografica. Ho in mente di iscrivermi a un corso di ballo, di canto (…)”.

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